Quanto pesano le correnti nel CSM?

“Il Riformista”
mercoledì, 23 giugno 2010


Un giudice contro «Basta correnti occupano il Csm»
di Jacopo Matano

Intervista a Guido Salvini

«Mi sono sempre tenuto a distanza dalle attività associative, ma ora ho sentito il bisogno di rompere il silenzio». A parlare è Guido Salvini, giudice di Milano protagonista di importanti processi italiani da Piazza Fontana alle Nuove Br. Che ha deciso di scendere in campo con una lettera ai colleghi contro lo strapotere delle correnti alle elezioni del Csm e in appoggio dei quattro candidati indipendenti.

Giudice Salvini, quanto pesano le correnti nel Csm?
Fino ad oggi il Consiglio è stato letteralmente monopolizzato da questa aristocrazia di poche centinaia di magistrati, che organizza il voto e decide su trasferimenti, carriere e sanzioni disciplinari di tutti gli altri. Sono le correnti i veri padroni, molto più del ministro della Giustizia. Esistono dalla prima repubblica, ma almeno prima erano divise dalle rivalità ideologiche tipiche degli anni ’70, mentre oggi hanno programmi quasi uguali e funzionano soprattutto da uffici di collocamento per i loro iscritti.

Quindi lei vorrebbe una magistratura senza correnti?
Non dico questo. Esiste un luogo deputato, l’Anm, in cui le correnti devono continuare a elaborare la loro politica giudiziaria - compresi i profili sindacali - e confrontarsi con la politica. Ma non possono occupare anche l’intero Csm, che è organo di alta amministrazione di valutazione. Il Csm valuta i candidati e ha incarichi importanti come quelli direttivi, decisioni che “fanno giustizia” e di cui i destinatari finali sono i cittadini. Per questo non è bene che i consiglieri scelgano - in pratica - tra i loro elettori segnalati dai capicorrente che li hanno fatti eleggere e con i quali sono in debito. Nessuno accetterebbe qualcosa del genere in altri concorsi pubblici.

«In debito»? Quindi questo sistema inficia anche l’indipendenza dei magistrati?
Sì, perché spinge nella carriera all’adulazione e al conformismo, esattamente il contrario dell’atteggiamento mentale che si richiede ad un magistrato che deve essere indipendente dall’esterno, cioè dalla politica, ma anche dall’interno, cioè dalla corporazione e dai propri colleghi. Molti ormai rifiutano questo sistema, ma sinora hanno trovato solo uno sbocco silenzioso nella scheda bianca.

Il 4 e il 5 luglio si presentano i candidati indipendenti, che lei appoggia. Un segnale?
Finalmente dei candidati che corrono da soli, si fanno conoscere tra molte difficoltà e al di fuori dei tradizionali comitati elettorali. È importante che qualcuno di loro - e io sostengo il giovane collega di Napoli Edoardo Cilenti, che ha girato l’Italia da solo - sia eletto. Un indipendente non ha cambiali da onorare e può essere, come un giudice qualsiasi, imparziale nelle decisioni: una sentinella della correttezza di certe scelte. Al Csm servono consiglieri che leggano i fascicoli dei candidati che vogliono diventare capo di un tribunale o di una procura, e non persone che si limitano ad aspettare le telefonate di segnalazione.
Ma i candidati indipendenti hanno programmi diversi tra loro, e non sembrano avere un vero potere “contrattuale”, specialmente con la politica…
Invece un processo di rinnovamento toglierebbe argomenti a chi ci accusa di aver trasformato il Csm in un parlamento politico e di non essere degni del nostro autogoverno. Sottrarrebbe elementi a quella parte del potere politico che, usando questi argomenti non infondati, vorrebbe mettere l’intera magistratura nell’angolo e ridurre i controlli di legalità.

È favorevole allo sciopero?
Sono contrario, mentre resto favorevole ad altre iniziative come lo sciopero “bianco”. È vero che i magistrati più giovani non meritano una decurtazione dello stipendio. Ma spesso non diciamo che le fasce più alte godono ancora di stipendi elevati, più alti, ad esempio, di quelli di un medico ospedaliero, con giudici che li percepiscono magari da più di vent'anni. Lo sciopero è un errore, e rischia oltretutto di renderci antipatici.